Il referendum del 1986: un NO alla guerra

Di Italiano alle Canarie

Il 12 marzo 1986 si tenne in tutta la Spagna un referendum consultivo sulla permanenza del Paese nella NATO. Benché fosse a carattere nazionale, nelle Isole Canarie il risultato fu chiaramente controcorrente: circa il 53% degli elettori votò NO, in contrasto con il dato complessivo spagnolo, dove prevalse il SÌ con circa il 52,5%. Poiché il referendum non era vincolante, il suo impatto politico fu limitato. Tuttavia, nelle Canarie si trattò di un segnale forte e inequivocabile.

Quel voto rappresentò una netta presa di posizione a favore della pace e della neutralità. Il popolo canario seppe distinguersi dalla linea dominante, esprimendo la volontà di rimanere fuori da qualsiasi logica di militarizzazione o coinvolgimento in conflitti armati.

Il contesto attuale e la minaccia di una nuova militarizzazione

Quasi quarant’anni dopo quel pronunciamento, il contesto internazionale è profondamente cambiato, ma le preoccupazioni restano vive. Il recente annuncio della presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, di un fondo da 850 miliardi di euro per il riarmo dell’UE e il ritorno sulla scena internazionale di Donald Trump, con la sua politica di “riavvicinamento” alla Russia, hanno riacceso i timori in molte aree sensibili in Europa.

Nelle Canarie, questi sviluppi hanno rafforzato la mobilitazione contro la crescente presenza di infrastrutture militari e l’utilizzo del territorio insulare per manovre e operazioni legate alla NATO.


La proposta dello Statuto di Neutralità

In risposta a questa deriva, recentemente la Piattaforma Canaria per la Pace ha presentato un manifesto ufficiale alla presidente del Parlamento regionale, Astrid Pérez, con la richiesta di sostenere l’approvazione di uno Statuto di Neutralità per l’arcipelago.

La proposta mira a dichiarare le Canarie territorio smilitarizzato, vietando lo svolgimento di manovre militari e l’uso delle isole come basi logistiche per operazioni armate all’estero. Tra i punti centrali del testo si include anche il rifiuto dell’uso incontrollato delle acque canarie da parte di navi della NATO impegnate in missioni aggressive.

I contenuti dello Statuto

Il documento è composto da sette articoli e stabilisce principi chiari:

Se la Spagna dovesse entrare in guerra con un altro Paese, l’arcipelago manterrebbe lo status di territorio neutrale.

Sarebbe consentita solo l’installazione di mezzi di difesa non aggressiva.

Si afferma che la miglior difesa è non partecipare ad azioni belliche.

Inoltre, il manifesto chiede al governo spagnolo di ridurre le spese militari, sottolineando che la società canaria ha bisogno di maggiori investimenti in sanità, istruzione pubblica, servizi sociali e salari dignitosi. Questo è stato rilanciato anche da Podemos in occasione delle recenti parate militari svoltesi nelle Canarie in occasione del “Día de las Fuerzas Armadas”.

Sostegno popolare, sviluppi istituzionali e mobilitazione

La Piattaforma ha avviato una campagna informativa rivolta alla cittadinanza, con una raccolta firme che ha già superato i 300 sottoscrittori, tra cui numerosi intellettuali, professionisti e attivisti. Dopo la presentazione ufficiale, la proposta ha ottenuto crescente attenzione anche sul piano istituzionale e ora è in fase di discussione presso il Parlamento delle Canarie. Se approvata, segnerebbe un passo storico verso la smilitarizzazione e la promozione della pace nell’arcipelago. L’obiettivo è trasformare la proposta in una base concreta per la costruzione di un futuro diverso per l’arcipelago.

Conclusione: un’iniziativa dal forte valore simbolico e politico

La proposta dello Statuto di Neutralità per le Canarie si inserisce in un contesto geopolitico complesso e in costante evoluzione. La sua articolazione in sette punti riflette un approccio coerente e orientato a rafforzare l’identità dell’arcipelago come territorio pacifico e non belligerante. Vediamo in sintesi i punti principali:

Neutralità in caso di guerra: un principio ideologicamente forte, ma inapplicabile senza una modifica della Costituzione spagnola e degli impegni internazionali della Spagna.

Divieto di manovre e basi militari: sebbene coerente con la vocazione antimilitarista, risulta difficilmente compatibile con le attuali politiche di sicurezza nazionale e alleanze NATO.

Difesa solo non aggressiva: un concetto che rischia di rimanere astratto se non supportato da meccanismi operativi chiari e condivisi.

Controllo delle acque territoriali: principio legittimo ma di difficile esercizio esclusivo, data la competenza nazionale e le normative marittime internazionali.

Riduzione della spesa militare: proposta legittima sul piano etico-sociale, ma fuori dalla portata normativa di un Parlamento regionale.

In termini oggettivi, la proposta ha un valore principalmente simbolico e culturale, utile a stimolare il dibattito pubblico e a riaffermare una vocazione pacifista. Tuttavia, sotto il profilo giuridico e istituzionale, le possibilità concrete di attuazione integrale dello Statuto sono oggi molto limitate.

Il dibattito parlamentare può generare visibilità e coesione sociale, ma difficilmente porterà a un cambiamento strutturale.

Le probabilità di successo rimangono scarse, considerando le forti rigidità normative, il quadro geopolitico attuale e la limitata incidenza legislativa delle Canarie su questioni di difesa e sicurezza.