di Italiano alle Canarie

L’intelligenza artificiale è una delle tecnologie più rivoluzionarie e celebrate del nostro tempo. Ma c’è un lato oscuro che raramente viene affrontato con la dovuta attenzione: l’impatto energetico crescente che questa rivoluzione comporta. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), un solo grande data center AI consuma quanto 2 milioni di abitazioni. E questo è solo l’inizio.

Con la moltiplicazione dei centri di elaborazione dati e il continuo aumento della domanda digitale, l’infrastruttura energetica globale sarà chiamata a reggere un carico paragonabile a quello necessario per alimentare centinaia di milioni di nuove case. Ma siamo davvero pronti?

Reti inadeguate e dipendenza dai fossili

La verità è che le attuali reti elettriche mondiali non sono progettate per sostenere questa impennata della domanda. E mentre governi e aziende promettono un futuro alimentato da energie rinnovabili, la metà dell’energia necessaria sarà ancora prodotta da gas, carbone e petrolio, consolidando una dipendenza dai fossili che contraddice la narrativa verde.

L’intelligenza artificiale, quindi, non solo non aiuta la transizione ecologica, ma rischia di aggravarla, mettendo sotto pressione una rete già fragile e inadeguata a sostenere una crescita tanto rapida.


Il caso delle Canarie e i blackout sempre più frequenti

Le Isole Canarie, considerate un banco di prova privilegiato per la transizione verde in Spagna, non fanno eccezione. Dal 2009 a oggi hanno subito ben sette ceros energéticos (blackout totali, in cui l’intera rete elettrica di un’isola o regione si spegne completamente per un tempo significativo), fino all’ultimo verificatosi pochi giorni fa a La Palma.

Ma non sono solo le isole a soffrire

Il 28 aprile 2025, un blackout ha colpito tutta la penisola iberica, confermando che le infrastrutture non sono pronte a gestire la crescente complessità energetica.

Uno dei problemi principali è legato alla natura intermittente delle energie rinnovabili: il sole non splende sempre, il vento non soffia costantemente. Senza adeguati sistemi di accumulo e distribuzione, la rete diventa instabile e vulnerabile. I blackout rischiano così di diventare la nuova normalità, non l’eccezione.

L’utopia verde e le sue contraddizioni

L’obiettivo di un mondo 100% verde è affascinante, ma al momento rimane utopistico. Per quanto si acceleri sull’adozione delle rinnovabili, una quota di energia fossile sarà ancora necessaria per decenni, per garantire la stabilità delle reti e coprire i picchi di domanda.

A questa realtà si aggiunge una contraddizione inquietante: la filiera “green” nasconde spesso impatti ambientali e umani drammatici. Le batterie dei veicoli elettrici, ad esempio, necessitano di cobalto, litio e terre rare, materiali estratti in aree del mondo dove le condizioni di lavoro sono degradanti, quando non addirittura disumane.

Dietro ogni auto elettrica, troppo spesso, non c’è solo progresso: c’è devastazione ambientale, sfruttamento estremo e, in alcuni casi, morte.

Un paradosso sistemico

In sintesi, l’AI e la transizione ecologica corrono su binari paralleli ma divergenti. Senza una pianificazione seria, investimenti strutturali e una narrazione più onesta, rischiamo di costruire un futuro solo apparentemente sostenibile, alimentato da vecchie dipendenze e nuove ipocrisie.

Se vogliamo davvero un futuro più verde e giusto, dobbiamo iniziare a dirci la verità: non basta cambiare tecnologia, serve cambiare mentalità. Perché il rischio è quello di chiamare “progresso” qualcosa che sta semplicemente nascondendo nuovi problemi sotto una vernice ecologica.