L’allarme dei medici: senza cambiamenti, il futuro è senza specialisti.
Di Italiano alle Canarie
I medici delle Isole Canarie continuano a lavorare in condizioni difficili. La mobilitazione nazionale di venerdì scorso, convocata dai sindacati CESM e SMA, è l’ultima di una lunga serie di proteste che negli ultimi anni hanno portato la categoria a denunciare carichi di lavoro insostenibili, precarietà contrattuale e la fuga di professionisti verso altre comunità autonome o paesi europei.
Nel mirino, la riforma dello Statuto Marco che il Ministero della Sanità intende approvare e che, secondo le sigle sindacali, rappresenterebbe un “grave peggioramento delle condizioni lavorative”. Tra le modifiche più criticate: turni settimanali fino a 60 o 70 ore, possibilità di annullare il riposo minimo di 12 ore tra un turno e l’altro e l’equiparazione con categorie professionali che richiedono una formazione e una responsabilità inferiori. Da qui, la richiesta di uno statuto specifico per la professione medica.
Canarie maglia nera per la precarietà
Levy Cabrera, segretario generale del Sindacato Medico delle Canarie, sottolinea la gravità della situazione nell’arcipelago, che definisce “la regione spagnola con il più alto tasso di precarietà lavorativa nella sanità”. Secondo Cabrera, tra il 70% e il 75% del personale medico è assunto con contratti temporanei, una condizione che – afferma – “genera precarietà, instabilità e frustrazione”.
Fuga verso altre regioni e l’estero
A peggiorare il quadro, la scarsità di concorsi pubblici nelle Canarie. “Aragona ha indetto quasi dieci concorsi, Madrid sei e l’Andalusia sette. Nelle Canarie, quasi nulla”, denuncia Cabrera. Molti specialisti scelgono quindi la sanità privata o accettano posti fissi in altre regioni spagnole – come Madrid, Castilla y León o l’Andalusia – pur con l’intenzione di tornare nelle Canarie, una volta disponibile un concorso per la mobilità. “Alcuni lavorano nelle isole pur avendo il posto fisso in città come Valladolid. Ma siccome non si aprono concorsi per il rientro, sono costretti a tornare alla loro sede d’origine”.
Non mancano nemmeno le proposte dall’estero. “In altri paesi europei, non solo lavori con un massimo di 20-25 pazienti al giorno, ma ti pagano anche il doppio”, spiega Cabrera.
Il futuro? Senza specialisti
Le conseguenze sono già evidenti, in particolare nelle specializzazioni. “A Tenerife, nella chirurgia vascolare, diversi chirurghi hanno lasciato per accettare offerte migliori. I medici restanti sono sovraccarichi di lavoro e di turni. Se non cambia nulla, resteremo senza specialisti”, avverte il sindacalista.
Per lui, la soluzione non si limita ad aumentare gli stipendi, ma anche a garantire bandi annuali, valorizzare la carriera professionale e retribuire le guardie in linea con la media spagnola. “Se facessimo questo, gli specialisti potrebbero considerare di restare. Altrimenti, il futuro è che non ne resti nessuno”.
Sanità in crescita, strutture al collasso
A tutto ciò si aggiunge il problema strutturale legato alla crescita demografica. “Gli spazi sono ormai insufficienti. Diverse strutture appaiono sottodimensionate rispetto all’aumento della popolazione”.
Oltre alla naturale crescita dei residenti, l’arcipelago sta registrando un consistente afflusso di popolazione straniera, anche in forma irregolare, che mette ulteriormente sotto pressione il sistema sanitario. Le strutture ospedaliere presenti sono poche, spesso obsolete o inadeguate per rispondere alle nuove esigenze. In molte zone, soprattutto periferiche o turistiche, l’assistenza sanitaria è rallentata o limitata proprio per mancanza di spazi, risorse e personale. Anche le opere infrastrutturali previste, come il nuovo edificio del pronto soccorso dell’ospedale La Candelaria, subiscono ritardi significativi, contribuendo ad aggravare la situazione.
Secondo Cabrera, è fondamentale che gli ospedali del Sud e del Nord dell’isola inizino a funzionare come veri ospedali, per alleggerire la pressione su quelli principali e garantire una copertura sanitaria dignitosa a tutta la popolazione dell’arcipelago.