Da pianta ornamentale a specie invasiva: storia, impatti e strategie di contenimento per salvare l’ecosistema dell’arcipelago
Di Italiano alle Canarie
Chi vive alle Canarie difficilmente non ha mai notato questa pianta dall’aspetto piumoso e decorativo: la coda di gatto (Cenchrus setaceus, precedentemente Pennisetum setaceum). È ovunque: ai bordi delle strade, nei burroni, nei terreni abbandonati e persino in aree urbane. Apparentemente innocua, è in realtà una delle specie più invasive e pericolose per l’ecosistema canario.
Introdotta inizialmente come pianta ornamentale per il suo aspetto elegante e la sua resistenza alla siccità, si è trasformata in una vera e propria minaccia per l’equilibrio ecologico dell’arcipelago.
Origine e diffusione
Originaria delle regioni aride del Nord Africa e del Medio Oriente, la coda di gatto è stata introdotta alle Canarie diversi decenni fa. Inizialmente apprezzata per abbellire giardini e spazi pubblici, ha trovato nelle condizioni climatiche dell’arcipelago un habitat ideale per proliferare. La sua capacità di adattarsi a suoli poveri, colonizzare rapidamente bordi stradali, burroni, terreni abbandonati e ambienti urbani ha facilitato una diffusione incontrollata su gran parte delle isole, in particolare a Gran Canaria, Tenerife, La Palma ed El Hierro.
Una specie sotto controllo normativo
Nel 2013, la coda di gatto è stata ufficialmente inserita nel Catalogo spagnolo delle specie esotiche invasive, a riconoscimento del grave rischio che rappresenta per la biodiversità. Dal 2014, un’Ordinanza del Governo delle Canarie (13 giugno, BOC 120) ha stabilito linee guida tecniche per la sua eradicazione. Tuttavia, l’applicazione delle misure previste si è rivelata spesso frammentaria e inefficace. In numerosi casi, pratiche scorrette come l’uso di soffiatori o il semplice taglio senza la rimozione del materiale vegetale hanno favorito la propagazione dei semi, aggravando il problema.
Impatti ambientali e agricoli
La coda di gatto costituisce una seria minaccia per la flora autoctona delle Canarie. Crescendo in modo aggressivo, soffoca le specie endemiche e altera gli equilibri ecologici degli ecosistemi insulari. Inoltre, è altamente infiammabile: brucia facilmente e ricresce vigorosamente dopo gli incendi, diventando così un acceleratore naturale dei roghi boschivi.
Anche dal punto di vista agricolo i danni sono considerevoli: la pianta invade pascoli e terreni fertili, compromettendo la produttività e aumentando i costi di manutenzione per enti pubblici e privati.
Il fronte scientifico: biocontrollo e strategie integrate
La comunità scientifica dell’Università di La Laguna sta sperimentando l’utilizzo di funghi patogeni autoctoni come strumento di biocontrollo. Tra i più promettenti, il Fusarium acuminatum, in grado di colpire selettivamente la coda di gatto senza intaccare le specie vegetali native. Al momento la tecnica è ancora in fase sperimentale.
Conclusione
La lotta contro la coda di gatto è una sfida complessa. Fermare l’espansione di questa “minaccia verde” è essenziale per salvaguardare la biodiversità unica delle Isole Canarie e il futuro dei loro ecosistemi.