L’assurdo di un’imposta che isola invece di proteggere un simbolo identitario

Di Italiano alle Canarie

C’è qualcosa di sconcertante e al tempo stesso emblematico nel fatto che il gofio — la farina tostata che ha nutrito intere generazioni di canari fin dall’epoca preispanica — sia oggi vittima di un’imposta doganale che si dichiara protettiva ma ha il sapore di una prigionia.

Cos’è l’AIEM(Arbitrio sulle Importazioni e Consegne di Merci) è un’imposta specifica delle Isole Canarie che si applica a determinati beni importati o prodotti localmente. Il suo obiettivo dichiarato è proteggere e favorire lo sviluppo dell’industria canaria, compensando i maggiori costi derivanti dall’insularità e dalla lontananza dai mercati continentali. Nella pratica, però, può tradursi in barriere burocratiche e costi aggiuntivi anche per prodotti senza concorrenti diretti.

Un esempio paradossaleIl gofio non si produce in nessun altro Paese dell’Unione Europea. Non esistono fabbriche in Europa e non ha concorrenti diretti.
Allora, che senso ha imporre barriere? Chi si sta davvero proteggendo?

Numeri che smentiscono la minacciaNel 2024, le Canarie hanno prodotto 6.745 tonnellate di gofio: oltre 5.000 consumate localmente e circa 1.700 esportate verso mercati come Germania, Giappone e Senegal.
È uno dei pochi prodotti agroalimentari canari con identità propria, domanda estera consolidata e un mercato interno solido.
L’83% delle famiglie lo conserva in dispensa, il 76,6% lo consuma regolarmente e, in isole come El Hierro o Lanzarote, il consumo quotidiano supera il 60%.


Una definizione che sminuisceIl nuovo elenco dei prodotti soggetti all’AIEM classifica il gofio come “Prodotti a base di cereali ottenuti per soffiatura o tostatura a base di mais”. Così, un alimento ancestrale, privo di zuccheri aggiunti e lontano dai processi industriali, viene assimilato a cereali da colazione zuccherati o a barrette energetiche.

Protezione o isolamento?

L’AIEM si applica anche ai cosiddetti prodotti sostitutivi. Ma sostenere che una miscela di cereali tostati possa sostituire il gofio è come dire che il sushi compete con le papas arrugadas. Il risultato è un prodotto intrappolato tra burocrazia, dazi e codici tariffari, mentre i piccoli mulini faticano a innovare, modernizzare ed esportare.

Canarie contro Canarie

Paradossalmente, un imprenditore agricolo di La Palma che voglia commercializzare a Tenerife una farina tostata proveniente dalla Penisola e non denominata gofio deve comunque pagare l’AIEM, anche se tale prodotto non costituisce alcuna minaccia reale.
Un meccanismo che finisce per scoraggiare il commercio interno e per trasformare le Canarie in una sorta di protettorato economico, dove la tradizione viene “protetta” a costo di ostacolarne la naturale crescita.

Tutela, non vincoli

Il gofio ha bisogno di essere riconosciuto e valorizzato, non subire un vincolo fiscale che finisce per condannare l’economia canaria a un isolamento forzato, dove il timore di competere viene scambiato per una forma di tutela.