Si tratta di uno dei quartieri più poveri delle Isole Canarie: avrebbe dovuto essere il più grande progetto residenziale della Spagna.
Di Italiano alle Canarie
Adagiata tra la costa orientale di Gran Canaria e il barranco che separa Las Palmas da Telde, Jinámar si presenta come un’enclave segnata dalla storia, dai contrasti e da profonde cicatrici sociali. Oggi vi abitano circa 20.000 persone, ma questo territorio ha attraversato secoli di trasformazioni: da centro agricolo fiorente a teatro di ambiziosi piani urbanistici, fino a custode di reperti archeologici risalenti a oltre 1.500 anni fa. Un luogo che, nonostante tutto, continua a rappresentare un tassello imprescindibile della mappa storica e culturale dell’arcipelago canario.
Un progetto incompiuto
Negli anni ’80, la nuova area nota come Valle de Jinámar fu concepita come un gigantesco insediamento urbano, con otto fasi di edilizia popolare e l’inclusione di un campus universitario. Il progetto, tuttavia, fu completato solo in minima parte. Il risultato fu un assetto urbano denso, privo di servizi essenziali, in cui una popolazione numerosa si trovò ad affrontare complessi processi di adattamento economico e sociale.
Un’operazione che, più che rispondere a una reale pianificazione sociale, fu dettata dalla necessità del tardo franchismo di controllare la crescita urbana e contenere il disagio sociale. L’edilizia popolare divenne così uno strumento per incanalare le tensioni di una popolazione precaria, mascherando con il cemento l’abbandono delle radici agricole e le disuguaglianze strutturali. Una strategia che, alla prova dei fatti, ha clamorosamente fallito: Jinámar è ancora oggi una delle zone più problematiche e stigmatizzate dell’area metropolitana, a dimostrazione di come il disagio non si risolva con la mera costruzione di alloggi, ma con politiche sociali strutturate e inclusive.
L’area si divide oggi in tre nuclei principali: la città di Jinámar (nota come Cascajo), la zona industriale e la valle di Jinámar, dove si concentrano gli edifici più recenti. Nonostante la sua posizione periferica e fisicamente staccata dal centro urbano, Jinámar rimane nell’immaginario collettivo la zona conflittiva per eccellenza dell’area metropolitana di Las Palmas de Gran Canaria. Un territorio ibrido, a cavallo tra due comuni, spesso lasciato ai margini delle agende politiche.
Radici contadine e tradizione agricola
Prima dell’espansione urbana, Jinámar fu per secoli un importante centro agricolo di Gran Canaria. Dopo la conquista castigliana, le sue fertili terre vennero destinate alla coltivazione di cereali, viti, canna da zucchero, arance, cocciniglia, pomodori e banane, che resero la zona un motore economico rurale fino al XX secolo.
Oggi, dell’antica vocazione agricola di Jinámar — con le sue coltivazioni di cereali, viti, canna da zucchero, agrumi e altri prodotti — non resta più traccia sul terreno: quel paesaggio produttivo è stato completamente cancellato per far posto al cemento. Non fu un cambiamento climatico a trasformare la valle, ma un’espansione urbana forzata e disordinata, figlia di una strategia che puntava a contenere il disagio sociale più che a pianificare uno sviluppo armonico del territorio.
Tra gli edifici storici ancora esistenti si trova la Casa del Peón Caminero, costruita tra il 1862 e il 1864 lungo la strada principale Telde-Jinámar. Oggi ospita la sede del Patronato delle Feste della Concezione e della Canna da Zucchero.
Un patrimonio archeologico di rilievo
In epoca preispanica, Jinámar apparteneva al Guanartemato di Telde. Il suo territorio custodisce numerosi siti archeologici sia sulla costa (La Restinga, Los Barros, Llano de las Brujas, Risco Mediomundo) sia nell’entroterra (Necropoli di Gallego, Necropoli di Cruz de la Gallina, Maipéz del Cascajo).
Tra le scoperte più significative spicca l’Idolo di Jinámar, rinvenuto a Los Barros negli anni ’70, testimonianza di un insediamento risalente al V secolo. La densità dei siti suggerisce la presenza di una popolazione macro-aborigena con una complessa rete interna di relazioni e fasi di espansione dal V al XV secolo.
Memoria e ferite del passato
Durante la guerra civile spagnola, Jinámar fu teatro di uno degli episodi più bui della repressione franchista. La Fossa di Jinámar, una profonda cavità vulcanica, fu utilizzata tra il 1936 e il 1945 per esecuzioni e sepolture clandestine. Dopo la fine del conflitto, nel tentativo di nascondere quanto accaduto, la fossa fu parzialmente distrutta con dinamite e argilla.
Riscoperta negli anni ’60, è stata in seguito utilizzata come area di allenamento per l’arrampicata, ma resta un simbolo doloroso della memoria storica delle Isole Canarie.
Una conclusione amara
Jinámar rimane ancora oggi l’esempio evidente di un esperimento sociale mal riuscito. Un quartiere nato per placare, contenere e riorientare un disagio profondo, che col tempo ha cercato un proprio equilibrio, ma continua a soffrire pesantemente per le sue mancanze strutturali. Figlio di nessuno, lontano dal cuore di Las Palmas e troppo vicina a Telde per essere davvero integrata, Jinámar vive in un limbo urbanistico e istituzionale.
E di questa realtà ci si rende conto anche senza entrarci: basta percorrere l’autostrada che da Las Palmas porta verso sud, e vedere quel conglomerato di edifici di un colore impossibile spuntare all’orizzonte come funghi