Dalle luci dei resort all’ombra dei cartoni
Di Italiano alle Canarie
Almeno una dozzina di persone dormono oggi nell’aeroporto di Gran Canaria, molto meno dei quaranta registrati negli anni passati. Ma la riduzione dei numeri non deve trarre in inganno: il problema del senza dimora resta, e lo scenario che emerge ha i tratti amari di una disperazione ormai normalizzata. Non è un caso se lo stesso Canarias7 racconta due storie emblematiche di cittadini italiani finiti a trascorrere le notti dentro il terminal. Segno che la fragilità sociale non è più un fenomeno distante, ma riguarda direttamente chi fino a ieri credeva di potersi integrare in un’isola che si vende al mondo come paradiso.
A differenza di Barajas, a Madrid, dove le autorità chiudono le porte per tenere lontani i senzatetto, a Gran Canaria alcune persone rimangono dentro quando gli accessi vengono inibiti, attorno alla mezzanotte. Cercano un riparo più sicuro rispetto alla strada, dove i furti e le aggressioni sono diventati routine. È l’altra faccia della città turistica: mentre fuori risplendono le insegne luminose dei resort, dentro un’infrastruttura pensata per il turismo si consuma il dramma silenzioso di chi non ha più un tetto.
Storie italiane di marginalità
Gerardo, 60 anni, italiano, ha scelto l’aeroporto dopo le aggressioni subite dormendo per strada e i conflitti negli ostelli. Con un piccolo reddito proveniente dall’affitto di una casa in Italia, non riesce a sostenersi qui tra cibo e medicine. Chiede aiuti, ma invano. Ora punta a trasferirsi temporaneamente a El Aaiún, capitale del Sahara Occidentale rivendicato dalla Repubblica Araba Democratica Saharawi ma amministrato dal Marocco, dove una stanza costa pochi euro, pur con l’amara speranza di poter tornare. Dice di amare Las Palmas, ma la città non gli ha offerto né lavoro né una possibilità di stabilità.
Ennio, 81 anni, anch’egli italiano, rappresenta un paradosso ancora più forte: percepisce pensioni da Italia e Germania, ma neppure questo basta per affrontare affitti da 600 euro. Da cinque anni vive in aeroporto. Aspetta che i Servizi Sociali di Telde trovino per lui un posto in una residenza per anziani, mentre mostra le medicine che lo tengono in piedi tra infezioni e cataratta. «Mi va bene ovunque», dice rassegnato.
La retorica istituzionale
A giugno, la Subdelegación del Gobierno di Las Palmas ha riunito comuni, Cabildo e Aena per affrontare la questione. Si parla di “misure coordinate”, ma senza dettagli concreti. Le autorità promettono che verranno valutati i risultati, ma intanto la scena non cambia: uomini e donne continuano a dormire tra cartoni e panchine, sotto gli occhi di passeggeri e tassisti.
Aena ribadisce che gli aeroporti sono spazi di transito e non luoghi per dormire. È la solita formula burocratica, che evita di porsi la domanda centrale: dove devono andare queste persone?
Norme che non cancellano la povertà
Dal maggio scorso Aena ha approvato il regolamento che chiude le terminali di notte, consentendo l’accesso solo a passeggeri e lavoratori. Ma a Gran Canaria non viene applicato rigidamente: i senzatetto restano, spesso visibili, soprattutto perché chi arriva dopo mezzanotte deve attraversare corridoi che passano proprio davanti ai loro giacigli. Una messa in scena crudele della marginalità.
Il provvedimento crea disagi a tassisti e viaggiatori, ma non risolve nulla. La povertà non si cancella con le regole di accesso: si sposta, si nasconde, si dimentica. Nel frattempo, persino pensionati italiani finiscono a dormire in aeroporto, segno che la crisi non conosce più frontiere.
Gran Canaria continua a promuoversi come meta turistica da cartolina, ma dentro i suoi spazi simbolo si consuma una realtà che smentisce ogni slogan: la disperazione italiana, e non solo, ha messo radici anche qui.
C’è poco da stare allegri: dietro il mito dell’isola felice, la fragilità sociale si fa sempre più conclamata.