Di Italiano alle Canarie

Cosa intendiamo per ‘follón canario’

In spagnolo, il termine “follón” descrive un disordine, una confusione, un groviglio caotico di situazioni mal gestite. Quando parliamo di follón canario, ci riferiamo proprio a questo: un intreccio di contraddizioni, responsabilità politiche e conseguenze sociali che, nel tempo, hanno trasformato le Canarie da paradiso turistico a teatro di profonde contraddizioni. Un caos annunciato, che oggi è sempre più evidente.

Turismo in crescita, cittadini ai margini

Che i presunti beneficiari del turismo, cioè i cittadini delle Canarie, proclamino di vivere in condizioni precarie a causa di un settore che avrebbe dovuto garantire loro benessere, è noto, preoccupante e rispecchia un’attualità incontrovertibile.

Che questo sia notizia anche nei mezzi di comunicazione dei paesi di provenienza dei turisti è ancora più rilevante. Che la protesta attorno a questa realtà non abbia, o non voglia avere, soluzioni in vista dovrebbe preoccupare. Ma questo non accade, a parte la solita litania quasi quotidiana su stampa e televisioni.

Le Canarie sono diventate l’emblema di una contraddizione innegabile: una destinazione turistica di riferimento per tutta Europa, amata dai visitatori, ma che al tempo stesso genera disagio e malcontento tra la sua stessa popolazione. Questo paradosso è ormai sotto i riflettori internazionali, mettendo a nudo la fragilità di un sistema economico costruito, forse consapevolmente, senza un piano di sviluppo strutturale e sostenibile.


Le colpe di chi?

I responsabili sono sempre gli stessi, ben noti e sotto gli occhi di tutti: politiche miopi, sostenute da una classe dirigente senza visione e coraggio, che ha perseguito un unico obiettivo — compiacere gli investitori delle grandi multinazionali e i proprietari delle case vacanza — sacrificando il benessere dei cittadini.

Le radici di questa crisi affondano almeno due decenni fa, quando si cominciò a intuire che le Canarie potevano diventare una vera e propria gallina dalle uova d’oro per il turismo e per la speculazione immobiliare. Già nei primi anni 2000 si assisteva a una crescita accelerata del flusso turistico, con conseguente pressione sugli alloggi, sul territorio e sulle infrastrutture, mentre i governi di turno — regionali e locali — lasciavano fare.

Oggi, chi è responsabile — direttamente o indirettamente — sta solo gestendo, in modo discutibile, ciò che è stato seminato senza criterio.
Ciò che è stato seminato è un modello strutturalmente insostenibile, dipendente quasi esclusivamente dal turismo di massa, che ha arricchito pochi e impoverito molti. Le piattaforme digitali, l’assenza di regolamentazione, l’abbandono delle politiche abitative, l’uso del territorio senza pianificazione: tutto questo non è piovuto dal cielo. È frutto di decisioni che oggi presentano il conto.

La stanchezza dell’inganno collettivo

Questo mantra, che si ripete ossessivamente senza che nessuno sembri più farci caso, suona ormai come una cantilena stonata. Il fatto che venga ignorato con tanta disinvoltura la dice lunga sulla sensibilità sociale e sulla coscienza collettiva nelle Canarie, dove spesso ci si accontenta di slogan vuoti e frasi fatte, divenuti simbolo di una povertà di pensiero ormai dilagante.

È ormai evidente che il modello economico attuale è giunto a un punto critico, e i segnali di esaurimento sono sotto gli occhi di tutti.

Senza rotta, verso il naufragio

Le vie d’uscita da questo caos non sono semplici. Ciò che manca è innanzitutto un racconto coerente, una spiegazione chiara, una gestione coordinata dell’immagine del turismo. Bisogna ridefinire il turismo come opportunità condivisa, non come minaccia alla convivenza.

Servirebbe una visione lucida, accompagnata da una politica coraggiosa e competente, capace di affrontare un problema tanto complesso quanto radicato. Nessuno si illude che le soluzioni possano essere immediate: i danni accumulati nel tempo sono profondi, strutturali, e richiederanno anni per essere sanati. Ma continuare a ignorarli significa solo aggravarli ulteriormente, o portarli a un punto di non ritorno.