Di Italiano alle Canarie

L’Aiem (Arbitrio sulle Importazioni e Consegne di Merci) è un’imposta specifica delle Canarie che applica aliquote tra il 5% e il 15% a determinati prodotti importati e a quelli fabbricati localmente, con l’obiettivo dichiarato di proteggere la produzione interna.

Il Governo delle Canarie ha trasmesso in questi giorni alla Commissione Europea il rapporto previsto sull’Aiem, un documento che analizza il suo impatto economico e sociale nell’arcipelago.

Da un primo esame, previsto dal quadro finanziario pluriennale 2021-2027, si afferma che questa imposta «non influisce sui prezzi» della spesa, contrariamente a quanto sostengono i settori critici, che vedono proprio nell’Aiem una delle ragioni per cui le capitali canarie figurano tra le città più care di Spagna.

La consigliera delle Finanze, Matilde Asián, ha ribadito che il rapporto conferma quanto già sostenuto in passato: non c’è un legame diretto tra Aiem e prezzi, determinati da fattori come la limitata dimensione del mercato, i costi di trasporto e altre imposte. A sostegno della tesi, l’Istac ha analizzato oltre 280 milioni di registrazioni tramite Intelligenza Artificiale, riscontrando che tra Canarie e penisola non vi sono differenze di prezzo “significative”.

Eppure, il meccanismo dell’Aiem presenta contraddizioni difficili da ignorare. Alcuni prodotti non fabbricati localmente vengono comunque tassati a causa della scarsa precisione dei codici doganali. Un esempio emblematico è il jamón ibérico de bellota, che finisce per essere equiparato al prosciutto crudo prodotto da una sola azienda canaria. La stessa Asián ha definito “un’assurdità” che vengano gravati articoli inesistenti nella produzione locale, pur riconoscendo le difficoltà tecniche e i limiti di risorse della Agencia Tributaria Canaria.


Il gofio, identità e contraddizione

Il paradosso più lampante riguarda però il gofio, alimento identitario delle Canarie, farina tostata che ha nutrito generazioni e che oggi è vittima della stessa imposta che dovrebbe proteggerlo.

Un prodotto unicoIl gofio non si produce in nessun altro Paese dell’UE e non ha concorrenti diretti. Nel 2024 le Canarie ne hanno realizzato 6.745 tonnellate, di cui oltre 5.000 consumate localmente e circa 1.700 esportate in Paesi come Germania, Giappone o Senegal. È uno dei pochi prodotti agroalimentari canari con domanda estera e consumo interno consolidato: l’83% delle famiglie lo tiene in dispensa e in alcune isole il consumo quotidiano supera il 60%.

Una classificazione riduttivaNonostante ciò, l’elenco dei prodotti soggetti all’Aiem lo assimila a “cereali ottenuti per soffiatura o tostatura”, come se fosse paragonabile a cornflakes industriali o barrette zuccherate. Una definizione che svilisce un alimento ancestrale e lo intrappola tra dazi e burocrazia.

Canarie contro CanarieParadossalmente, un imprenditore che voglia commercializzare nell’arcipelago farine tostate diverse dal gofio deve comunque pagare l’Aiem, anche in assenza di concorrenza reale. Così, un’imposta nata per tutelare rischia di trasformarsi in una barriera interna, penalizzando proprio il prodotto simbolo della tradizione.

Tra protezione e isolamento

Il nodo è qui: protezione o isolamento? L’Aiem nasce per difendere la produzione locale, ma nella pratica finisce per gravare su articoli senza alternative e ostacolare l’espansione di prodotti identitari come il gofio.

Con il nuovo periodo finanziario europeo 2027-2031 e la necessità di prorogarne l’autorizzazione, la partita resta aperta. Asián ha promesso ascolto e confronto con tutti i settori, ma ha anche ribadito un principio non negoziabile: «La protezione della produzione locale resterà sempre la priorità, perché quasi tutto qui arriva da fuori».

Un equilibrio delicato, che rischia di trasformare uno strumento di tutela in una gabbia fiscale, con le Canarie sospese tra sovranità alimentare proclamata e contraddizioni irrisolte.