Davvero Las Palmas può diventare la Capitale europea della cultura? Qualcuno si sta già rivoltando nella tomba.

Di Italiano alle Canarie

Il Cabildo di Gran Canaria sostiene la candidatura di Las Palmas de Gran Canaria a Capitale Europea della Cultura 2031

Il presidente del Cabildo, Antonio Morales, e la sindaca, Carolina Darias, hanno firmato il manifesto a favore della candidatura della capitale dell’isola.

L’iniziativa, promossa dal Comune, gode di un ampio sostegno sociale e istituzionale. Darias ha sottolineato che città e isola possono avanzare insieme con un progetto che unisce identità, storia e creatività. “Vivere su un’isola può essere un modo di stare al mondo”, ha dichiarato (affermazione quantomai audace) sostenendo che la singolarità di Gran Canaria possa diventare un riferimento europeo e globale.

La sindaca ha ringraziato il Cabildo per l’appoggio, definendo la candidatura “un sogno collettivo” che vuole fare della cultura e dell’arte motori di progresso e voce delle città-isola all’interno dell’Unione Europea.


Un messaggio di unità

Il presidente del Cabildo, Antonio Morales – vecchio volpone della politica locale, abile nell’uso del politichese, ha affermato che Gran Canaria rappresenta “un luogo dove costruire ponti di comprensione e immaginare il futuro”, aggiungendo che il sostegno alla candidatura “lancia un messaggio di unità”.

“Gran Canaria non è una periferia culturale, ma un centro”, ha dichiarato, indicando in Las Palmas una città dove convivono arte, inclusione e memoria delle migrazioni umane.

Con questa adesione, il Cabildo si unisce a un progetto che mira a rafforzare la proiezione culturale dell’arcipelago e consolidare il ruolo della cultura come strumento di apertura e connessione europea.

Una riflessione critica

La candidatura di Las Palmas appare forzata  se si considera la sua posizione ultraperiferica in Europa e, geograficamente in Africa: l’isola intera, con i suoi 1.560 km², copre poco più dell’area metropolitana di Roma (1.285 km²). Questa comparazione aiuta a dare proporzione e contesto, evidenziando i limiti oggettivi dell’ambizione culturale dell’isola.  Questa più che rappresentare un autentico fermento culturale, riflette l’ambizione politica di apparire all’altezza delle grandi capitali europee.

Con tutto il rispetto per Las Palmas, la candidatura a Capitale Europea della Cultura appare più un atto di autocelebrazione che un progetto concreto. Città come Roma, Parigi, Madrid o Vienna vantano secoli di storia e patrimoni universali, mentre Las Palmas dispone di una scena culturale viva ma frammentata, molto lontana da un riconoscimento internazionale.

Definirla “faro culturale e artistico” suona come un’iperbole politica utile più a costruire consenso che a descrivere una realtà tangibile. La città è crocevia di culture e popoli, ma fatica a tradurre questa pluralità in una proposta culturale stabile e strutturata.

Le motivazioni ufficiali – inclusione, partecipazione, memoria migratoria – restano slogan ben confezionati, privi di basi solide nel tessuto locale. La produzione artistica e i circuiti teatrali sono di livello secondario, di scarso richiamo, dove i grandi nomi della scena nazionale e internazionale difficilmente arrivano. Un dato di fatto più che un’opinione.

Anche la partecipazione cittadina resta modesta e la formazione culturale continua a essere un punto debole.

In questo quadro, la candidatura somiglia a un’operazione di marketing istituzionale volta a proiettare un’immagine di città moderna e europea più che a costruire un modello culturale autentico. Il rischio è che si tratti di un progetto-vetrina, destinato a spegnersi una volta terminata la corsa al titolo.

Una vera Capitale della Cultura dovrebbe dimostrare visione, continuità educativa e un radicamento reale nella vita culturale dei cittadini. Al momento, Las Palmas non possiede questi elementi.