✍️ Italiano alle Canarie
Un numero per “far valere i diritti”
Le Canarie hanno istituito un numero di telefono di assistenza per aiutare le persone non autosufficienti a “far valere il proprio diritto”. Un’iniziativa che, sulla carta, dovrebbe fornire supporto alle famiglie spiegando loro come muoversi, a chi rivolgersi e in che modo accedere ai servizi di dipendenza. L’obiettivo dichiarato è colmare un punto cieco che riguarda ben 12.691 persone aventi diritto a una prestazione mai resa effettiva.
La consigliera per il Benessere Sociale, Candelaria Delgado, ha assicurato che il nuovo sistema telefonico nasce per dare risposte rapide e chiare. Tuttavia, la stessa ammette che questi casi irrisolti derivano da fattori “non imputabili all’amministrazione”. Una formula che suona come un tentativo di alleggerire le responsabilità istituzionali, soprattutto considerando che il problema è cronico e strutturale.
La burocrazia ridotta… ma solo sulla carta
Delgado parla di una gestione più agile e di una procedura unificata che ridurrebbe la burocrazia, concentrando in un’unica visita ciò che prima richiedeva un lungo percorso di pratiche concatenate. Un progresso amministrativo, certamente, ma che non sembra tradursi in un miglioramento reale per chi attende assistenza.
In due anni, secondo la stessa consigliera, si sarebbe superato quanto fatto dal precedente governo in tutta la legislatura. I dati dell’Imserso indicano 64.382 persone aventi diritto alla prestazione, 57.996 con il riconoscimento già ottenuto e 44.255 che ricevono effettivamente il servizio. Per Delgado, questi numeri “avvalorano la buona gestione” e confermano un trend positivo: il 96% delle richieste sarebbe stato trattato, con un aumento del 22,6% nel numero di beneficiari e una riduzione del 18,7% nelle liste d’attesa.
Quando l’efficienza diventa un miraggio
Fin qui, la narrazione ufficiale. Ma i numeri, se letti con spirito critico, raccontano tutt’altro. Delgado definisce “tangibile” la riduzione dei tempi di risoluzione, che oggi si attestano a 478 giorni. In termini concreti: un anno e tre mesi. Un periodo che, per chi aspetta un aiuto vitale, non rappresenta affatto un segnale di efficienza, bensì la conferma che la macchina burocratica continua a muoversi con lentezza esasperante.
Quando si parla di 478 giorni per ottenere una risposta, non c’è nulla di cui compiacersi. È un tempo che, nella vita reale, può segnare la differenza tra ricevere assistenza o non farcela più. Nonostante i proclami di miglioramento, resta una situazione estremamente critica, in cui la parola diritto appare ancora come una promessa, non come una certezza.
















