✍️ Italiano alle Canarie
Gran Canaria rischia di restare al buio. L’isola ha bisogno di 120 MW di potenza aggiuntiva per scongiurare un “blackout totale” come quello che ha colpito La Gomera.
La soluzione, provvisoria ma emblematica, passa per una nave turca che fungerà da centrale elettrica galleggiante nel porto della capitale: una toppa d’urgenza per un sistema che da anni mostra crepe strutturali.
Il Governo delle Canarie ha avviato le pratiche per ospitare l’impianto prodotto dal gruppo turco Karadeniz Holding, specializzato in centrali elettriche galleggianti.
L’obiettivo è rinforzare una rete ormai obsoleta, incapace di reggere i picchi di consumo di un’isola che ospita milioni di turisti ogni anno ma non riesce a modernizzare le proprie infrastrutture. Da oltre un decennio, Gran Canaria naviga al limite della capacità, senza margini di sicurezza né un piano concreto di rinnovamento.
L’isola dei contrasti
Gran Canaria produce in media 400 MW, con punte che arrivano a 550 MW. Red Eléctrica de España ha già avvertito il governo regionale: il rischio di collasso è reale.
La risposta è l’arrivo di una nave da 125 MW di potenza, dotata di sei motori che funzioneranno principalmente a gasolio e fuelolio, ma con la possibilità di operare anche a gas naturale liquefatto (GNL), combustibile meno inquinante ma comunque fossile. Una precisazione importante, perché anche se il GNL riduce le emissioni rispetto al fuelolio, non rappresenta una soluzione pulita né sostenibile nel lungo periodo.
Un progetto “temporaneo”, si afferma. Ma nelle Canarie, il temporaneo spesso si trasforma in permanente. La tanto proclamata “misura d’emergenza” non fa che mascherare anni di immobilismo. Reti invecchiate, centrali obsolete e lentezze politiche croniche hanno lasciato l’isola scoperta proprio mentre cresce la domanda di energia, trainata da hotel, resort e strutture turistiche operative 24 ore su 24.
Turismo in crescita, infrastrutture ferme
Ogni anno il turismo stabilisce nuovi record. Milioni di visitatori, incassi in aumento. Eppure, con le stesse risorse che finanziano centri commerciali e alberghi di lusso, non si è riusciti a investire in un sistema elettrico efficiente.
Questo è il paradosso di un’economia che punta alla vetrina e dimentica le fondamenta: modernità di facciata, precarietà nei servizi essenziali. La vetrina rende di più, mentre le fondamenta richiedono visione e investimenti strutturali che la politica continua a rimandare.
Una politica a bassa tensione
Il Consiglio di Governo delle Canarie aveva dichiarato lo stato di emergenza energetica già nell’ottobre 2023. Da allora, annunci, conferenze e tavoli tecnici. I progetti approvati – 9 MW a La Campana e 14,8 MW a Granadilla, entrambi a Tenerife – coprono solo una minima parte del fabbisogno. Nel frattempo, Gran Canaria rimane la più vulnerabile, con un deficit di 120 MW.
La nave turca arriverà, forse, in tempo per evitare il buio. Ma resta la domanda: come può un’isola che si vende come paradiso energetico e turistico dipendere da un fornitore straniero per garantire la luce? Ancora più contraddittorio se si considera che la stessa isola si promuove come paradiso verde, attenta all’ecologia, alle rinnovabili e alla sostenibilità, inondata da slogan sul “green” e sulla transizione energetica.
Ma nei fatti, la salvezza arriva da una nave a combustibili fossili: un simbolo plastico della distanza tra il discorso ufficiale e la realtà concreta.
La politica locale ha perso (e chissà se l’ha mai avuta) la capacità di pianificare e preferisce mettere toppe invece di costruire soluzioni durature.
















