✍️ Italiano alle Canarie
Il quadro immutabile
Alle Canarie, la formula è sempre la stessa: milioni di turisti, milioni di euro, milioni di promesse. Ogni anno si battono record di arrivi, di spesa media e di pernottamenti, ma dietro le cifre scintillanti si nasconde una realtà che non cambia: i veri beneficiari del modello turistico non sono i canari, bensì le grandi catene alberghiere e gli investitori che drenano la ricchezza verso l’esterno. Il popolo canario, che regge sulle proprie spalle l’intero apparato turistico, rimane al margine, incastrato in lavori mal pagati, affitti insostenibili e prospettive sempre più fragili.
Questo paradosso, tanto evidente quanto ignorato, è stato messo a fuoco da una ricerca che ha il merito di rompere la narrazione edulcorata delle “isole fortunate”. A denunciare la situazione è la sociologa Gema Martínez Gayo, che analizza il lato oscuro del turismo: quello che arricchisce pochi e impoverisce molti.
La denuncia della ricercatrice
La dottoressa in Analisi dei Problemi Sociali Gema Martínez Gayo, esperta di mercato del lavoro turistico e di precarietà lavorativa con prospettiva di genere, ha visitato Lanzarote in occasione della prima edizione dell’Università d’Autunno di Alba Sud, organizzata dalla Fondazione César Manrique.
Ecco un estratto testuale della sua ricerca durante la visita a Lanzarote:
“La precarietà lavorativa nel turismo è molto diffusa, non solo alle Canarie. Ma nei territori fortemente turistificati, dove il turismo è uno dei settori chiave dell’economia, la situazione è ancora più evidente”.
Alle Canarie, il comparto turistico rappresenta quasi il 37% del Prodotto Interno Lordo, secondo i dati di Impactur. In Spagna, invece, la media si ferma al 16%, come indica il Rapporto sull’Impatto Economico elaborato dal Consiglio Mondiale dei Viaggi e del Turismo (WTTC).
Il presidente canario Fernando Clavijo (Coalición Canaria) aveva già ammonito pubblicamente le imprese del settore all’inizio dell’anno: “O aumentate i salari, o vi aumenteremo le tasse.” Pochi mesi dopo, aveva invocato la necessità di “democratizzare la ricchezza”, ma finora non sono state adottate misure concrete in tal senso.
Probabilmente si tratta delle solite minacce di facciata, anche perché Clavijo, oltre che politico, è anche imprenditore: aumentare le tasse significherebbe colpire se stesso. Un paradosso che dice molto sul cortocircuito tra politica e potere economico nelle Canarie.
Un modello economico che produce lavoratori poveri
Martínez Gayo collega la precarietà nel turismo a diversi fattori: la mancanza di protezione legislativa, l’assenza di controlli efficaci sulle condizioni contrattuali e l’eccessivo peso economico del settore, che rafforza gli interessi imprenditoriali e la loro capacità di influenzare le politiche pubbliche.
Ecco un’altro passaggio chiave della sua ricerca:
“Appena si solleva la questione delle condizioni di lavoro, si sente dire: Beh, se togliamo il turismo, di cosa vivrete?”. Questo ritornello viene sempre sbandierato come uno spauracchio utile a non cambiare lo status quo e a mantenere intatto il potere economico di chi trae profitto dal sistema.
Pur riconoscendo che il turismo rappresenti una porta d’ingresso al lavoro per giovani e migranti, Martínez Gayo denuncia che le condizioni offerte li trasformano in lavoratori poveri. “Quali sono davvero le condizioni di chi lavora in questo settore? Riescono a vivere dignitosamente? Continuano a essere lavoratori poveri”, aggiunge.
Nelle aree turistiche, come Lanzarote, dove gli affitti sono tra i più alti dell’arcipelago, molti lavoratori sono costretti a trasferirsi in periferia e a percorrere lunghi tragitti per raggiungere il posto di lavoro. “Non ci chiediamo abbastanza quali siano i loro salari, la loro stabilità o se riescano davvero a vivere. Bisognerebbe proteggere di più questo settore che traina l’economia, pensando anche a come vivono le persone e se beneficiano realmente della ricchezza prodotta dal turismo”, continua la ricercatrice.
Le donne, le più penalizzate dal sistema
In un comparto già segnato dalla precarietà, le donne sono le più colpite. Secondo Martínez Gayo, esse subiscono in modo più acuto gli effetti di un sistema economico che continua a separare il lavoro “produttivo” da quello “riproduttivo”.
Nel mercato del lavoro, le donne occupano spesso posizioni legate alla sfera domestica, e questo si riflette anche nel turismo: “Sebbene le donne siano molto presenti nel settore, la loro attività si concentra nei livelli più bassi della gerarchia professionale ed è spesso sottovalutata.”
“La precarietà è più acuta nelle professioni dove predominano le donne, come cameriere ai piani e addette alle pulizie”, sottolinea la ricercatrice, ricordando anche i problemi di salute causati dai ritmi intensi e dagli sforzi fisici del lavoro.
Espulsi dai quartieri, ai margini delle città
La crisi abitativa, particolarmente grave nelle isole più turistiche come Lanzarote, sta spingendo i lavoratori fuori dai quartieri dove vivevano. “Devono trasferirsi sempre più lontano, in zone che possano permettersi. I quartieri cambiano, i prezzi aumentano ovunque”, spiega.
In alcune località, gli affitti sono talmente elevati da rendere impossibile anche l’affitto di una stanza. Alcuni lavoratori finiscono per vivere in furgoni o automobili.
“Un hotel funziona grazie ai suoi lavoratori: se queste persone sono sfruttate e vivono in condizioni di indigenza, è inevitabile che poi manchi personale, perché la gente preferisce cambiare settore”, evidenzia Martínez Gayo.
Un appello alla concretezza
Ciò che emerge dalla ricerca di Martínez Gayo non è altro che l’ennesima conferma di un sistema che continua a reggersi su un ingranaggio tanto efficiente quanto iniquo: tanti soldi che arrivano, tanti turisti che affollano le isole, milioni che circolano, tanto denaro che si spende… ma nelle tasche dei canari non rimane quasi nulla.
È un copione già visto e sentito, ripetuto centinaia di volte in conferenze, studi e dibattiti, ma la sostanza non cambia mai. Il turismo continua a essere la vetrina dorata delle Canarie, mentre dietro le quinte il popolo che ne sostiene il peso resta escluso dai benefici.
In un arcipelago che ama definirsi “fortunato”, la vera fortuna sarebbe vedere finalmente una redistribuzione concreta della ricchezza e una politica capace di rompere il meccanismo perverso che trasforma i canari in comparse di un film di successo che non gli appartiene.















