✍️ Italiano alle Canarie
Nel sud di Gran Canaria, sui terreni agricoli abbandonati di San Bartolomé de Tirajana, sta per sorgere il più grande progetto solare mai realizzato sull’isola: 37.721 pannelli fotovoltaici distribuiti in cinque impianti distinti, capaci di generare complessivamente 22,08 megawatt (MW). Si tratta di un’iniziativa che, sulla carta, sembra proiettare l’arcipelago verso un futuro più sostenibile.
Ma la realtà, come spesso accade, è meno lineare e più sfaccettata.
Un investimento milionario che illumina solo una parte del quadro
Il progetto è promosso dalla società Parque Tecnológico de Energía Solar de Gran Canaria, un consorzio composto da imprese canarie di primo piano come Tirma, Arehucas, Kalise, Lopesan, Bonny, Global e UD Las Palmas. L’investimento previsto ammonta a 21,68 milioni di euro, ai quali si sommano i costi delle linee di evacuazione e del centro di energia condiviso, per un totale che sfiora i 22,74 milioni di euro.
L’iniziativa viene presentata come la prova dell’impegno locale verso un modello energetico più pulito. Eppure, anno dopo anno, le Canarias continuano a superare i record di consumo di gasolio e olio combustibile nelle centrali termiche. La transizione energetica esiste, ma procede secondo logiche selettive e spesso funzionali ai grandi gruppi industriali.
Quattrocentomila metri quadrati di terreni agricoli convertiti all’energia
La superficie interessata dal progetto supera i 400.000 metri quadrati. Si tratta di terreni un tempo dedicati alla produzione intensiva di pomodori e abbandonati da oltre vent’anni. Oggi diventano il suolo perfetto per un’infrastruttura fotovoltaica ad alta redditività.
Questa scelta, però, va evidenziata con chiarezza: si sta sottraendo ulteriore terreno agricolo potenzialmente recuperabile, dopo averlo lasciato morire nell’incuria per due decenni. Un territorio che, fino agli anni d’oro della produzione locale, garantiva pomodori di ottima qualità e dava lavoro a intere famiglie, oggi viene convertito in un’area industriale energetica senza che nessuno si chieda davvero perché quell’agricoltura sia stata abbandonata né quale prezzo sociale e produttivo si stia pagando.
È la fotografia esatta della nuova economia insulare: l’agricoltura arretra fino a scomparire, l’energia diventa business e il paesaggio muta senza un vero equilibrio tra progresso, identità e tutela del territorio.
Oltre dieci chilometri di linee elettriche sotterranee
L’energia prodotta dai cinque impianti sarà convogliata attraverso 10,68 chilometri di linee elettriche sotterranee, che collegheranno il complesso alle sottostazioni di El Tablero, Lomo Maspalomas e San Agustín.
La scelta dell’interramento dei cavi viene presentata dall’amministrazione come un tratto distintivo di modernità. In realtà si tratta di una misura tecnica ormai standard, che non meriterebbe toni trionfalistici.
La promessa dell’idrogeno verde: futuro reale o slogan ricorrente?
Il parco solare rappresenta la prima fase di un progetto molto più vasto che mira a includere:
– produzione e accumulo di idrogeno verde,
– centri di ricerca e innovazione,
– data center,
– strutture dedicate alla bio-agro-voltaica e alle serre solari intelligenti.
L’idrogeno verde viene evocato come la chiave della transizione energetica del futuro. Nella pratica, in Spagna e ancor più nelle Canarie, rimane spesso uno slogan di grande impatto politico ma di limitata realizzazione concreta.
Chi beneficia davvero della transizione energetica?
Il mega-progetto ottiene consensi trasversali perché rinnovabile, ecologico e perfettamente allineato alla narrativa europea della sostenibilità. Eppure dietro questa immagine impeccabile rimangono molte domande inevase:
Quale parte dell’energia prodotta resterà realmente a disposizione dell’isola?
In che misura il progetto contribuirà a ridurre la dipendenza dalle centrali termiche?
Perché non si affronta il tema delle bollette elettriche, tra le più elevate della Spagna?
Per quale motivo non si discute dell’impatto paesaggistico quando dietro l’opera ci sono gruppi industriali di peso?
L’impressione, per chi vive quotidianamente l’arcipelago, è che la transizione energetica segua il medesimo schema del turismo: i profitti si concentrano nelle mani di chi investe, mentre ai residenti arrivano i disagi o le briciole.
Il vero volto della transizione energetica
Il progetto rappresenta senza dubbio un avanzamento sul piano tecnologico e conferma la volontà dell’isola di muoversi verso un modello più sostenibile. Tuttavia mette in luce un’altra verità: la transizione energetica canaria è spesso un grande affare privato mascherato da impegno ambientale.
I numeri sono importanti e gli slogan ben costruiti, ma il modello rimane quello di sempre: grandi gruppi industriali che investono e incassano.
La transizione energetica avanza davvero solo quando conviene a qualcuno.














