1297678284di Elisabetta Scarpelli

Sarebbe ancora fra noi se un male terribile, l’alieno come lo chiamava lei, non l’avesse strappata alla vita dieci anni fa.

In memoria di una grande Scrittrice, una grande Giornalista e sopratutto una grande Donna, voglio citare una sua frase che forse descrive al meglio la sua personalità e il suo essere prima di tutto una persona libera, mai asservita al potere di turno, sempre controcorrente a costo di apparire irriverente e conscia di attirarsi anche critiche feroci:

“Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. Chi non lo fa è, nell’ordine: un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero. E a questo credo io mi piegherò sempre, per questo credo, io pagherò sempre, ignorando orgogliosamente chi non capisce o chi, per i suoi interessi e le sue ideologie finge di non capire”.

Una frase bellissima, che la contraddistingue, e che l’ha resa scomoda a chi, nelle diverse fasi della sua attività di giornalista e scrittrice, ha preteso di tirarla per la giacchetta. Negli anni ’70, quando da inviata di guerra in Vietnam era ferocemente critica verso gli USA, salvo poi essere criticata dalla stessa sinistra dell’epoca, quando pubblicò il suo bellissimo libro “Lettera ad un bambino mai nato”, chiaramente antiabortista, in piena epoca femminista ed abortista. Oppure il suo “Intervista con la Storia”, dove lei donna sfida i grandi potenti della terra (quasi tutti uomini), senza timore, senza asservimento, ponendo domande scomode, a Kissinger, o mettendosi in aperto contrasto come con Arafat, o con Khomeini, verso il quale osò il gesto di sfida di togliersi durante l’intervista il velo che le copriva la testa (il cencio in capo, come lo chiamava lei da schietta fiorentina).

Ma il suo libro più bello, per me resta “Un Uomo”, romanzo dedicato al suo unico e travagliato amore, Alessandro (Alekos) Panagulis, eroe della resistenza greca, imprigionato e torturato durante il regime dei colonnelli, dove, non solo ci descrive in ogni dettaglio quello che il regime riservava ai propri oppositori, ma descrive i sentimenti, le emozioni, la disperazione e anche la felicità di una grande storia d’amore, finita tragicamente con l’assassinio di Alekos.


Negli ultimi anni della sua vita, già malata, aveva scelto New York come sua residenza e a New York era quell’11 Settembre del 2001, quando ci fu il più grande attentato della Storia verso gli USA, Paese che lei amava e che sentiva suo, quasi come la sua Firenze. “L’America è un Paese che accoglie chiunque, anche chi è molto critico verso di lei” diceva.

Quei fatti, la spingeranno a prendere posizioni fortemente antiislamiche, attirandosi anche questa volta critiche da ogni parte, sopratutto da sinistra, da quella sinistra che l’aveva “corteggiata” negli anni passati.

Poi la malattia che si aggrava, lei che continua a fumare come una turca, nonostante il male ai polmoni, “le sigarette mi disinfettano” affermava, fino al giorno della sua morte, a Firenze, nella sua Firenze, che tanto aveva amato, ma che anche tanto l’aveva delusa negli ultimi anni dove aveva scelto di andarsene.

Grazie Oriana, dei tuoi pensieri, dei tuoi valori, del tuo coraggio, del tuo essere donna, grazie di avermi insegnato tante cose, di avermi emozionato, commossa, grazie mio mito.

Mi mancherai sempre.