Redditi bassi, precarietà e fuga dei profitti: perché le Canarie restano indietro mentre le Baleari tentano una redistribuzione più equa.
Di Italiano alle Canarie
L’economia delle Canarie, centrata quasi esclusivamente sul turismo, evidenzia una dipendenza strutturale che penalizza la maggioranza delle famiglie isolane, intrappolate nei segmenti di reddito più bassi. Al contrario, le Baleari sembrano essere riuscite, almeno in parte, a incanalare i benefici di questo stesso modello verso la propria popolazione.
Due arcipelaghi, un unico settore, risultati divergenti
Sebbene Canarie e Baleari condividano un’identica struttura economica fondata sul turismo, gli effetti per la popolazione sono profondamente diversi. Secondo i dati più recenti dell’Istituto Nazionale di Statistica (INE), il reddito lordo medio annuo per lavoratore nelle Canarie era di 23.096,92 euro, tra i più bassi in Spagna. Nelle Baleari, invece, lo stesso indicatore si attestava a 27.145,79 euro. Inoltre, una percentuale significativa dei lavoratori canari guadagna meno di 2.000 euro lordi al mese, riflettendo una distribuzione salariale concentrata nei livelli più bassi. Questo squilibrio non solo evidenzia una profonda disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, ma solleva un interrogativo più ampio: le Canarie stanno forse operando secondo una logica di tipo coloniale?
Un’economia che non restituisce valore al territorio
Entrambi gli arcipelaghi si affidano al turismo come principale fonte di reddito. Tuttavia, mentre le Baleari riescono a trattenere e redistribuire parte della ricchezza generata, nelle Canarie i profitti finiscono prevalentemente nelle mani di grandi imprese e gruppi esterni. La mancanza di controllo locale sui flussi economici rende i canari semplici esecutori di un sistema da cui traggono scarsi benefici, pur sostenendone il funzionamento quotidiano.
Le Canarie come periferia economica: un modello coloniale?
Numerosi analisti segnalano che il modello economico canario presenta tratti tipici di una struttura coloniale: sfruttamento delle risorse locali – in questo caso, il territorio e l’attrattività turistica – e trasferimento dei benefici altrove. Le grandi catene alberghiere e le multinazionali che dominano il settore si appropriano della maggior parte dei profitti, lasciando ai lavoratori locali impieghi stagionali, precari e mal retribuiti. Tutto questo avviene in un contesto in cui il costo della vita cresce costantemente, spinto proprio dalla pressione turistica.
Una trappola economica: redditi bassi e vita sempre più cara
Con una larga fetta della popolazione collocata nei segmenti di salario basso o medio-basso, le Canarie registrano uno dei redditi medi più bassi della Spagna. A questo si aggiunge un mercato immobiliare sempre più inaccessibile per i residenti, gonfiato dalla domanda turistica.
Diversificare e redistribuire
L’attuale situazione rende imprescindibile una riflessione profonda sul futuro economico dell’arcipelago. La dipendenza dal turismo, così com’è strutturata, non garantisce progresso né equità sociale. È urgente avviare una strategia di diversificazione economica che valorizzi altri settori, come l’agricoltura sostenibile, le energie rinnovabili, l’economia del mare e l’innovazione tecnologica. Ma soprattutto, è fondamentale che le politiche pubbliche garantiscano che i benefici del turismo restino sul territorio, contribuendo concretamente al benessere delle comunità locali.
È ormai chiaro che il modello turistico attuale non funziona in modo equilibrato. Mentre le Baleari, pur con le loro criticità legate al sovraffollamento turistico e alla pressione immobiliare, hanno tentato politiche redistributive più efficaci, le Canarie restano impantanate in una dinamica che ricorda troppo da vicino quella di una colonia economica.