Cosa può fare il settore turistico per salvare l’immagine dell’isola dopo l’incidente all’aeroporto e il clima crescente di tensione?

Di Italiano alle Canarie

L’operazione di polizia che ha portato alla morte di un giovane migrante che aveva tentato di aggredire un tassista e diversi passeggeri all’aeroporto di Gran Canaria ha rapidamente conquistato l’attenzione della stampa internazionale, diventando una minaccia concreta per la reputazione turistica dell’isola.

Titoli come “Uomo ucciso dalla polizia all’aeroporto di una delle destinazioni preferite dai britannici” o “Scena terrificante: turisti in fuga si nascondono mentre vengono minacciati con un coltello all’aeroporto di Gran Canaria” sono apparsi su testate come The Sun, Mirror e Daily Star, contribuendo a diffondere un’immagine allarmante dell’accaduto. L’episodio ha coinvolto un giovane di 19 anni, in apparente stato psicotico, che ha minacciato passeggeri e agenti con un’arma bianca prima di essere neutralizzato.

Impatto sull’immagine e reazione del settore

Mentre  il video dell’intervento veniva rilanciato ossessivamente sui social e nelle testate locali, alimentando l’interesse morboso per il caso, nel sud di Gran Canaria – cuore pulsante del turismo dell’isola – si iniziava già a fare i conti con le possibili ripercussioni sull’immagine di una destinazione che da anni si propone come sicura e accogliente.


La preoccupazione è reale: quale sarà l’effetto di questo episodio sulla percezione dei visitatori europei? Il tutto avviene in un contesto già segnato da proteste contro il turismo di massa e crescenti timori legati alla sicurezza.

Il Sindacato Unificato di Polizia (SUP) ha colto l’occasione per sollecitare l’adozione di pistole taser, ritenendo che l’utilizzo di armi non letali potrebbe evitare tragedie simili in futuro. Una posizione che, pur comprensibile sotto il profilo operativo, apre un dibattito importante sull’uso della forza letale in luoghi affollati come un aeroporto. Nei video diffusi si contano sei spari in un contesto caotico con passeggeri in fuga, e alcuni osservano che anche solo due colpi andati a segno sarebbero stati sufficienti per ferire mortalmente una persona. Questo alimenta la riflessione: una dotazione più ampia di strumenti non letali, come i taser, avrebbe potuto offrire un’alternativa meno estrema in un contesto così delicato.

Sud dell’isola sotto pressione

Nel frattempo, il sud di Gran Canaria si ritrova ancora una volta a gestire il compito di tentare di ricostruire l’immagine dell’isola. Una responsabilità che pesa sempre di più in un anno già segnato da episodi di cronaca nera e allarmi sociali. Molti imprenditori del settore temono che una parte rilevante dei turisti, in cerca di stabilità e serenità, possa orientarsi verso destinazioni concorrenti come Grecia, Turchia o Marocco.

Allarme sicurezza anche nella capitale

A complicare ulteriormente il quadro, crescono anche le preoccupazioni legate alla situazione della capitale, Las Palmas de Gran Canaria, meta frequente di crocieristi e turisti internazionali. Negli ultimi mesi, la città ha registrato un incremento significativo degli episodi di microcriminalità, furti, aggressioni e rapine, spesso concentrati nelle aree più frequentate dai visitatori, come il Parco Santa Catalina, la zona del porto e le vie dello shopping.

Non si tratta solo di episodi isolati, ma di un clima crescente di insicurezza percepita anche dai residenti. Il malcontento si è concretizzato nella manifestazione dello scorso 18 maggio, durante la quale migliaia di cittadini sono scesi in piazza per chiedere un cambio di rotta nelle politiche pubbliche legate alla gestione del turismo e alla qualità della vita urbana.

Il messaggio emerso è chiaro: la popolazione è stanca di sopportare le conseguenze di un modello turistico insostenibile che, oltre a danneggiare l’ambiente e il mercato immobiliare, sta minando la sicurezza e la convivenza civile.

Anche coloro che da sempre difendono a spada tratta il turismo come motore economico imprescindibile dell’isola e dell’intero arcipelago, devono oggi riconoscere che questo modello, così com’è concepito, ha fallito. Se davvero si vuole bene alle Canarie, è urgente cambiare rotta: più controlli, più legalità, meno turismo di massa e più attenzione ai problemi sociali reali dei residenti — come gli affitti, la povertà, i salari. Altrimenti la corda si spezzerà, e non ci vorranno decenni.