Il mercato della vergogna: dal letto in affitto alla vendita di documenti anagrafici

Di Italiano alle Canarie

Una crisi silenziosa e sempre più normalizzata si sta consumando nelle Canarie, dove, nonostante i proclami ottimistici sull’economia, la povertà cresce, si radicalizza e diventa terreno fertile per abusi e speculazione.

Secondo l’ultima relazione di Cáritas Diocesana relativa all’anno 2024, presentata il 12 giugno 2025, la realtà è drammatica: la povertà non solo NON arretra, ma si fa più forte per i nuclei familiari più fragili, che vengono schiacciati da un sistema abitativo al collasso e da un’economia che non redistribuisce.

Nel 2024, Cáritas ha assistito 7.478 famiglie, pari a 22.836 persone. Un numero enorme, ma inferiore del 21% rispetto all’anno precedente, perché le risorse non bastano più per tutti. L’organizzazione ha dovuto razionalizzare gli aiuti, concentrandosi solo sui casi più gravi.

Oltre 1.500 persone non avevano un tetto sopra la testa. La crisi colpisce anche chi ha ancora una casa: il 55% degli aiuti economici è andato al pagamento dell’affitto o alla gestione abitativa, segno di un’emergenza che riguarda il diritto stesso all’abitare.


Avere un letto è diventato un privilegio negato

È tornato lo spettro della “cama caliente”, una pratica disumana che si pensava relegata al dopoguerra, quando le condizioni estreme della popolazione costringevano intere famiglie a condividere letti a turni per mancanza di spazio e risorse. Una scena che sembrava appartenere ai libri di storia, ma che oggi si ripresenta nella cruda quotidianità delle periferie urbane e delle fasce più vulnerabili delle Canarie.

Questo, oggi si ripete con persone che pagano per dormire a turni in un letto, per poche ore, prima di cederlo a qualcun altro.

A questa forma estrema di precarietà si sommano affitti spropositati e condizioni abitative indecenti: Caritas segnala l’affitto di una stanza a 700 euro al mese, di un letto a castello a 350 euro e il sovraffollamento di persone in abitazioni in cui persino il soggiorno viene affittato a 450 euro al mese.  Per questo motivo, alcune persone scelgono di trascorrere la notte in spazi pubblici o sulle spiagge.

In questo contesto si sta anche rilevando la vendita dell’empadronamiento (registrazione anagrafica) a persone migranti

 

E davanti a tutto questo, la risposta pubblica è assente o bloccata da una burocrazia lenta e disegnata ad arte, mentre continua a dominare un silenzio assordante. Un silenzio che stride con gli annunci ottimistici, con le dichiarazioni di facciata. Una linea di bugiarderia vergognosa che si regge sull’inerzia istituzionale e sull’indifferenza elevata a sistema.

Lavorare e restare poveri

Nel 2024, il 18% delle persone assistite da Cáritas aveva un lavoro. Ma oggi avere un’occupazione non garantisce più la sopravvivenza. Il 10% opera nell’economia sommersa, un altro 10% riceve sussidi pubblici insufficienti a coprire i bisogni primari.

Con contratti medi precari, stipendi fermi e un carovita crescente, il 48,9% dei canari non può affrontare una spesa imprevista. Il ceto medio si assottiglia, la soglia della povertà ingloba fasce sempre più ampie.

Emergenza alimentare: mense con liste d’attesa

La crisi si riflette anche nell’assistenza alimentare. Cáritas non riesce più a far fronte alla domanda: ha tagliato corsi formativi, ridotto i servizi e imposto limiti ai centri d’accoglienza. Anche le mense sociali – i comedor social – hanno liste d’attesa. A Escaleritas, nel capoluogo, 80 persone attendono ogni giorno un pasto caldo.

Il costo per preparare un pasto è passato da 4,99 a 7 euro, con un aumento del 29%. Solo a Las Palmas de Gran Canaria, nel 2024, oltre 1.000 persone hanno ricevuto assistenza alimentare. Ma le donazioni sono calate del 24% e Cáritas ha dovuto chiedere un prestito di un milione di euro per mantenere attivi i servizi.

Quando l’indifferenza diventa sistema

La povertà non fa rumore, ma avanza. Sta nascendo un mercato parallelo basato sulla disperazione, dove un letto diventa un lusso e una casa un sogno proibito.

Cáritas lancia un appello urgente alla società e alle istituzioni: servono solidarietà vera, volontari, donazioni anche in beni, e soprattutto un’azione pubblica rapida ed efficace. Perché nessuno dovrebbe essere costretto a pagare per dormire a turni in un letto.

Una società che accetta la “cama caliente” e volta lo sguardo altrove non merita di definirsi civile. Anzi, questa società cosiddetta “civile”, che si nutre di retorica e proclami, ma lascia marcire ai margini migliaia di persone, sta scavando la propria fossa.

Perché la povertà, oggi, non è più un’eccezione: è una condizione che si espande come una macchia d’olio, e domani potrebbe toccare proprio quelli che oggi si sentono protetti, garantiti, al sicuro.

Il tempo delle parole è finito. O si prende coscienza adesso, o la povertà travolgerà tutti, indistintamente.

Chi si salverà?

Ovviamente, sempre gli stessi: coloro che oggi pontificano dall’alto delle loro poltrone, che ci propinano visioni ottimistiche preconfezionate, rassicurandoci con l’eterno ritornello che “alla fine andrà tutto bene”. Gli stessi che giustificano ogni nuova stretta, ogni sacrificio imposto, con la solita formula ipocrita: “è per il nostro bene”.

Ma la verità è un’altra: in questa società a due velocità, mentre la forbice della povertà si allarga ogni giorno di più, arriverà il momento di non ritorno e tutti saranno risucchiati nel baratro.

Quando ci si renderà conto, sarà troppo tardi: i mea culpa non serviranno a nulla e le lacrime saranno inutili.