Il boom turistico del sud di Gran Canaria poggia su manodopera esterna, mentre i residenti locali restano ai margini del settore.

Di Italiano alle Canarie

Il paradosso occupazionale del sud grancanario

Mentre il motore turistico del sud di Gran Canaria continua a girare a pieno regime, sono ancora troppi gli ingranaggi fondamentali che funzionano grazie alla manodopera esterna, e non locale. Bagnini, camerieri, addetti alle pulizie o animatori turistici: impieghi fondamentali che raramente sono occupati da residenti locali. Ma qual è la causa? Mancanza di formazione, di incentivi o di un reale legame con il settore?

L’estate riporta cifre record di visitatori a Maspalomas, Meloneras e Playa del Inglés, ma mette in luce anche una vecchia contraddizione: gran parte dei posti di lavoro che tengono in piedi il sud dell’isola non sono ricoperti da canari. Nonostante il potenziale occupazionale offerto dall’industria turistica, determinati settori restano disconnessi dalla popolazione locale, in particolare dai giovani.

Professioni stagionali e nuove opportunità


Oltre ai profili tradizionali, il turismo del sud ha dato vita a nuove figure stagionali che uniscono intrattenimento, esperienza e visibilità digitale. Nei resort di lusso di Meloneras o San Agustín, ad esempio, è sempre più diffusa la figura del DJ da piscina, incaricato di creare un’atmosfera coinvolgente durante i pomeriggi di sole e cocktail. Non basta saper mixare: bisogna leggere l’ambiente, connettersi con un pubblico internazionale, comunicare in più lingue e adattarsi all’energia del momento. Ogni beat, qui, vale oro… e mance.

Tra i lavori emergenti figura anche quello del “tester di spiagge”, promosso da app turistiche e media digitali che pagano per valutare arenili, accessibilità, pulizia e qualità dell’acqua. Con oltre 80 spiagge dotate di qualche distintivo ambientale, Gran Canaria è terreno fertile per questo tipo di promozione virale.

Un altro profilo in ascesa è quello dell’assaggiatore di gelati: alcune gelaterie e aziende alimentari cercano ogni estate persone con buon palato e creatività per provare nuove ricette. Accanto a queste novità, resistono i classici di sempre: barman esperti in mixologia tropicale, istruttori di sport acquatici, agenti di viaggio multilingue per escursioni su misura.

Dati e contraddizioni

Secondo InfoJobs, l’occupazione nel settore della ristorazione e del turismo è cresciuta dell’11% nelle Canarie rispetto al 2024. Solo a San Bartolomé de Tirajana si stimano oltre 3.000 contratti stagionali attivati, molti dei quali con alloggio incluso.

Eppure, secondo l’Obecan e l’ISTAC, nel secondo trimestre del 2025 Gran Canaria ha registrato un tasso di disoccupazione del 17,6%, tra i più alti della Spagna. Nei comuni turistici come San Bartolomé de Tirajana, a giugno sono stati registrati oltre 11.000 contratti nella ristorazione e nell’ospitalità, ma solo il 36% è stato occupato da residenti locali. Il restante 64% è coperto da lavoratori provenienti da altre isole, dalla penisola o dall’estero.

Il tallone d’Achille: le lingue

Più del 60% del personale in mansioni base proviene da fuori dell’arcipelago. Le posizioni più difficili da coprire con lavoratori locali includono camerieri ai piani, bagnini, animatori, cuochi, aiuto cuochi, receptionist con conoscenza di lingue straniere e istruttori di sport acquatici. Non sempre sono richiesti titoli universitari, ma la conoscenza delle lingue rappresenta un requisito imprescindibile, oltre a flessibilità e disponibilità immediata. Ed è proprio sul fronte linguistico che molti candidati locali si trovano in difficoltà, rendendo questo aspetto uno dei principali ostacoli all’inserimento lavorativo dei canari nel settore turistico.

Fattori strutturali e barriere reali

In zone come San Bartolomé de Tirajana, che offre oltre 55.000 posti letto in strutture ricettive, la contraddizione è lampante: l’offerta di lavoro cresce, ma la disoccupazione giovanile tra i canari resta oltre il 30%.

Tra le cause principali: la distanza tra sistema educativo e mercato turistico, il basso livello linguistico in inglese e tedesco, e la percezione sociale di certi lavori come impieghi di transizione, spesso riservati ai “forestieri”.

Pesano anche le condizioni lavorative: contratti brevi, orari spezzati, scarsa conciliazione vita-lavoro e soprattutto l’alto costo degli affitti nelle zone turistiche. Molti giovani di comuni vicini, come Santa Lucía, Ingenio o Las Palmas, rinunciano a lavorare nel sud per l’impossibilità di sostenere le spese quotidiane. Secondo l’ultimo studio del Governo delle Canarie, il sud di Gran Canaria ha i canoni di locazione più alti dell’arcipelago: oltre 15 euro/m², ben al di sopra del salario base.

Un settore trainante che resta lontano dai residenti

Il turismo rappresenta il 35% del PIL di Gran Canaria, generando circa 5 miliardi di euro l’anno. Solo San Bartolomé de Tirajana concentra il 40% delle presenze alberghiere dell’intero arcipelago. È il settore che genera più occupazione: 4 contratti su 10 firmati nel 2025 riguardano il comparto turistico o settori correlati.

Le soluzioni ci sono, ma stentano ad affermarsi. Tra le proposte: potenziare l’insegnamento pratico delle lingue fin dalla scuola secondaria, stipulare convenzioni scuola-impresa per tirocini retribuiti, promuovere piani di mobilità e alloggio per i lavoratori pendolari.

C’è anche chi propone incentivi fiscali alle aziende che assumono residenti locali, senza cadere in misure discriminatorie, ma puntando a un riequilibrio necessario.

Conclusione

Mentre si continua a discutere delle possibili soluzioni — che tutti conoscono ma che in sostanza pochi mettono davvero in pratica — resta il dubbio se ci sia davvero la volontà di cambiare. Perché i cartelli “Cercasi cameriere/a con esperienza” si moltiplicano, e intanto i canari restano fuori. Volontà politica o comoda inerzia?