L’Anticorruzione denuncia il collegamento a Gran Canaria di un’organizzazione di 45 criminali che ha truffato 110 milioni in Italia.

La giustizia spagnola sta seguendo le tracce di denaro riciclato nel sud di Gran Canaria. Il Tribunale di Istruzione numero 3 di San Bartolomé de Tirajana, dopo aver accolto una denuncia della Procura anticorruzione di Las Palmas, ha sottoposto a perquisizione e emesso un mandato di arresto per tre cittadini italiani legati ad una organizzazione criminale, con conti bancari e proprietà nel sud dell’isola.

La denuncia è stata ammessa al processo lo scorso settembre dal magistrato Javier Ramírez de Verger-Vargas, a seguito di una complessa indagine del Gruppo I dell’Udef della Polizia nazionale di Las Palmas, guidata dalla Procura speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata, il cui procuratore delegato nella provincia, Javier Ródenas, ha lavorato in coordinamento con l’Interpol di Roma e con la Procura antimafia di Torino per formulare l’accusa di riciclaggio di denaro contro i tre italiani residenti a Gran Canaria.

Questa collaborazione internazionale è necessaria per poter dimostrare l’origine illecita dei fondi che poi danno origine in Spagna all’indagine sul riciclaggio di denaro, le cui indagini sono state battezzate Operazione Trattoria dall’Unità di criminalità economica e fiscale (Udef) della Polizia nazionale di Las Palmas.

Gli agenti e il procuratore hanno trascorso un anno a immergersi in una complessa rete di società sparse in tutto il mondo per nascondere le loro origini. Il clan mafioso ha trasferito il denaro precedentemente frodato nel Paese transalpino a questa rete di società interposte, con tentacoli a San Bartolomé de Tirajana.
L’indagine spagnola è partita da un procedimento avviato dalla Procura della Repubblica italiana presso il Tribunale di Torino per una truffa aggravata finalizzata all’ottenimento di contributi pubblici per certificati energetici, spiegano fonti giudiziarie.

La falsificazione di questi documenti ha portato alla condanna di 45 persone per il reato di truffa aggravata, secondo la legislazione italiana, tutte legate a un’organizzazione criminale specializzata in questo tipo di frode. In totale, hanno sottratto 110 milioni di euro manipolando le certificazioni energetiche per ottenere aiuti pubblici.
La “trama mafiosa” inviava il denaro dall’Italia a società estere, con sedi “in quasi ogni parte del mondo”, aggiungono le stesse fonti. Il denaro veniva poi ritirato in contanti dai conti, oppure veniva “spesso trasferito artificialmente” ad altri soggetti o alle stesse società estere.

Gli investigatori hanno rilevato che le società beneficiarie di questi primi trasferimenti dall’Italia erano tutte di nazionalità rumena, bulgara e moldava, individuando un “canale di riciclaggio” per 57 milioni di euro.


Prestanome

Da queste società situate nell’Europa dell’Est, i fondi venivano monetizzati in contanti o “rimbalzati” più volte verso società dello stesso Paese, come spesso accadeva in Bulgaria, o inviati a entità con sede in Cina, Hong Kong, Dubai, Isole Grenadine o Panama, tra gli altri luoghi.

Gli amministratori di queste società erano “veri e propri prestanome”, posizioni che venivano manipolate e dirette dai “veri gestori” dei progetti oggetto di indagine, il tutto con l’obiettivo di evitare che sia gli autori delle truffe sia i presunti riciclatori venissero identificati per evitare qualsiasi responsabilità.

Questo è quanto contenuto nella relazione patrimoniale redatta dal Gruppo I dell’Udef di Las Palmas, il cui contenuto ha motivato la denuncia del pubblico ministero nei confronti dei due cittadini e della compagna di uno di loro. Le indagini, condotte dagli agenti specializzati in risposta all’ordine di indagine europeo emesso dalla Procura, concludono che esistono “legami societari” e una “stretta connessione” tra Giuseppe G. e le persone condannate in Italia per “appartenenza a un’organizzazione criminale” per la frode di aiuti pubblici attraverso la falsificazione di certificati energetici.

Giuseppe G. e la sua compagna Didina H. sono le principali persone indagate nel procedimento aperto per riciclaggio di denaro nel Juzgado de Instrucción numero 3 di San Bartolomé de Tirajana. Il magistrato, dopo aver ammesso la denuncia della Procura anticorruzione lo scorso settembre, ha recentemente revocato la segretezza del procedimento. Prima di ciò, ha adottato importanti misure precauzionali che sono fondamentali per il successo del caso.

Tra queste misure, tutte concordate su richiesta del pubblico ministero, spiccano il blocco dei conti correnti di Giuseppe G. e il sequestro di un bungalow acquistato a fine novembre 2017 dalla sua compagna a Maspalomas.

Si tratta di un immobile situato nel complesso Duna Flor Verde che è stato acquistato con i fondi dell’attività illecita svolta in Italia, con un prezzo dichiarato di 100.000 euro.

Il bungalow è intestato al catasto alla compagna di Giuseppe G. L’Udef, dopo un anno di indagini preliminari per motivare la denuncia della Procura, sostiene che questo indagato ha accumulato tra il 2017 e il 2019 un patrimonio illecito di 451.877 euro, denaro che proverrebbe dalla truffa delle certificazioni energetiche made in Italy per accedere agli aiuti pubblici.

Il magistrato inquirente non ha ancora potuto raccogliere le dichiarazioni dei tre indagati perché non si sa dove si trovino, motivo per cui la Procura anticorruzione ha richiesto la loro ricerca e cattura, secondo quanto riferito da fonti giudiziarie. L’operazione Trattoria è ancora aperta.

Un altro caso sotto inchiesta a Tenerife

L’insediamento nelle Isole Canarie di organizzazioni criminali provenienti dall’Italia sembra essere una realtà indiscutibile. Questo, almeno, si può dedurre dalle operazioni che la Guardia Civil e la Polizia Nazionale (CNP) svolgono ogni anno per combattere questo fenomeno. L’ultimo di questi interventi di rilievo ha avuto luogo alla fine del 2021, con l’arresto di 106 persone nel sud di Tenerife, nell’ambito di un’azione congiunta della CNP con la Polizia di Stato italiana ed Europol.

L’organizzazione, secondo gli inquirenti, avrebbe riciclato oltre 10 milioni di euro nel 2021 per clan mafiosi italiani come Casamonica, Camorra napoletana, Nuvoletta e Sacra Corona Unita, grazie a truffe informatiche realizzate in diversi Paesi europei, tra cui la Spagna. Gli arrestati sono accusati di appartenenza a un’organizzazione criminale, frode, traffico di droga, riciclaggio di denaro, sequestro di persona, falso documentale, lesioni, minacce, coercizione, rapina con violenza, rapina con forza, frode previdenziale e possesso illegale di armi.

La Redazione LGC